Jenny Holzer, Truism. Protect me
from what I want, 1988-89

Una scritta gigantesca, Protect me from what I want, campeggia sulla facciata di un edificio. Sembra un messaggio pubblicitario. Si tratta, invece, di un’opera dell’artista americana Jenny Holzer. Questa, come altre opere consimili, appartengono ad un ciclo intitolato Truisms (“truismo” significa una verità ovvia). I “truismi” di Jenny Holzer, scritti con la fredda eleganza del carattere bold italico, apparvero per la prima volta riprodotti in eleganti pannelli retroilluminati o composti al neon sulle facciate e sui muri degli edifici di numerose città occidentali, già a partire dagli anni Ottanta, confondendosi con gli avvisi pubblicitari e gli avvertimenti di ogni tipo e sono stati stampati su poster, magliette, mezzi pubblici, incisi su pavimenti e su oggetti d’arredo urbano, illuminati da LED, trasmessi in televisione e via satellite.

La lunga tradizione della presenza di lettere, numeri, parole e frasi nelle opere dei cubisti, dei dadaisti, dei futuristi, dei suprematisti e, più recentemente, della pop art, dell’arte concettuale e dell’arte digitale si trasforma, con la Holzer, in un intervento diretto nel corpo stesso della città concepita come un gigantesco supporto materiale su cui incidere parole e frasi di apparente senso compiuto. L’azione di guerriglia aperta dall’artista americana, in ciò diretta erede dello sciamano degli anni Settanta, il tedesco Joseph Beuys, ha per l’appunto la finalità sociale di far esplodere la contraddizione insita nell’infinita rete di messaggi e di informazioni che decorano il volto metropolitano. I “truismi” s’illuminano di luce sinistra, ammiccando alla perdita definitiva, nella notte metropolitana, di tutti i possibili “altruismi”, che avrebbero potuto costituire un sistema profondo di relazioni anche nella più terribile delle condizioni umane di sopravvivenza.