5. La figura ammantata: sul bordo del vuoto, la grande figura di spalle, avvolta in un manto, a capo chino.
Sappiamo che in questa figura l’artista ritrae se stesso in forma di Ulisse malinconico (si sta forse preparando per il grande viaggio verso la … metafisica!).
La chiave interpretativa dell’opera risiede forse in quel dare le spalle, in maniera incomunicante, a ciò che si manifesta sul set ma anche allo stesso spettatore.

6. Il vano chiuso da una tenda: un tendaggio pesante c’impedisce di vedere la figura intera di una statua. Il suo capo è chino, nello stesso atteggiamento della figura ammantata. Un sottile ed enigmatico rapporto lega tra loro queste due figure. Quale dio è rappresentato? Forse Ermes, il dio che potrà salvare Ulisse. Chiunque egli sia, è un dio imperscrutabile, lontano, inavvicinabile. Un dio chiuso in se stesso, incomunicante, un dio che non dice e che non sente.
Come scriveva Friedrich Nietzsche (1844-1900), a cui de Chirico fu molto attento, il dio, infatti, è “inesistente” e noi siamo soli, senza aiuto dall’alto, a risolvere enigmi e problemi con le nostre uniche forze.



Arnold Böcklin, Odysseus e Calipso, 1883, tempera su tavola, cm 104x150, Basilea, Kunstmuseum.

Giorgio de Chirico, L’enigma dell’oracolo, 1910, olio su tela, cm 46x61, collezione privata.

1. Il tema. L’interpretazione di questo soggetto è da ricercare nel mito omerico di Ulisse, che de Chirico adotta per significare il destino irrequieto di ogni artista, incapace di vivere in quello che ad altri può apparire come un sicuro e definitivo rifugio.
Il nomadismo dell’artista deve intendersi come continuo e fatale inappagamento dei propri risultati. Nessun’opera è definitiva. Tutto viene rimesso in moto, tutto ricomincia, nulla permane.
Per questo motivo, Ulisse rappresenta il simbolo dell’eroe-intellettuale continuamente alla ricerca di novità.
L’episodio mitologico, richiamato specificatamente da de Chirico, concerne la prigionia di Ulisse nell’isola di Calipso, in attesa di essere salvato dal dio Ermes, il dio dell’astuzia, ma anche il protettore dei viaggiatori e l’accompagnatore delle anime nel regno dei morti.
Ma il riferimento è doppio, letterario ed artistico-figurativo.
De Chirico riprende, infatti, l’immagine e il tema da un dipinto di Arnold Böcklin (Basilea 1827-Fiesole 1901), uno dei rappresentanti più importanti dell’arte visionaria e fantastica dell’Ottocento. L’opera in questione s’intitola, per l’appunto, Odysseus e Calipso.


2 Lo scoglio e l’architettura.
La differenza fondamentale tra l’Ulisse di Böcklin e quello di de Chirico sta nel rapporto che c’è tra la naturale asperità dello scoglio e la piatta superficie del pavimento di lastre: natura selvaggia contro geometrico ordine dell’architettura. Lo stesso rapporto che s’instaura tra la grotta di Calipso e il muro di mattoni che squadra l’ambiente in cui si cela l’Apollo. Qui tutto è teatrale, così come in Böcklin tutto è, per così dire, cinematografico. Nell’opera di de Chirico, una colonna dorica fa da limite tra l’esterno e l’interno: è il confine del sacro, ma anche dell’uscita dal romantico per andare verso la classicità del moderno.

3. Il sacro. L’ambiente di questo vasto spazio è decisamente enigmatico. La grande apertura, aggettante sul vuoto, è inquadrata da una tenda, che il vento solleva tuttavia verso l’esterno. Al centro, si erge la povera parete di mattoni, che si piega all’interno, a formare un altro vano, sullo sfondo. Non c’è tetto e il cielo si apre al di sopra di questa strana architettura fatta di una parete continua, che sembra un paravento o una quinta teatrale.

4. La grande apertura sul paesaggio. La prima impressione che ne ricaviamo, osservando l’immagine, è un senso voluto di disequilibrio compositivo. L’apertura sul vuoto ha la funzione di diventare un attrattore psichico, che porta inesorabilmente anche lo spettatore a provarsi nel salto ideale, quel famoso salto dans la vide, che non si può non fare se ci misuriamo con l’arte in una sfida alla sicurezza della vita quotidiana e banale.
Lontano s’intravedono una città, delle montagne, una pianura, una distesa di mare.