Pablo Picasso, Natura morta con sedia impagliata, 1912.

Perché dipingere un oggetto, quando lo si può inserire direttamente nel quadro? Il collage diventa con il cubismo una pratica destabilizzante della realtà, piuttosto che della pittura. Infatti, cosa rimane di essa, se viene trasferita di colpo nella dimensione che dovrebbe avere la funzione di conrraddirla? Può la realtà essere ancora tale, dopo che è sparita la sua antagonista? Può la realtà per-sistere, anche se non si dà più la parola e l’immagine, se non si dà più, in altre parole la potenza dell’artificio?
Si è molto insistito sul fatto, analizzando quest’opera, che vi compaiono insieme sia la cosa che il suo nome, la paglia della sedia e il nome del giornale, e, in più, l’esercizio antiprospettico della pittura cubista (tutto il reale e l’antirela declinati unitariamente e corenetemente, pacificati). Io vorrei far notare due elementi altrettanto importanti: la forma ellettica, ovale, dotata, per quanto riguarda la sua geometria, di due fuochi, e la cornice, un tortiglione che avvolge come un serpente l’intera composizione.


Juan Gris, Le lavabo, 1912

Quest’opera di Juan Gris è giustamente famosa, per quanto quasi mai riprodotta a colori …, per il fatto di avervi inserito un pezzo di specchio.
Un passo in là rispetto alla provocazione di Picasso, nel senso che, se questi inserisce un frammento di materia reale nel suo quadro, Gris, con l’utilizzo di uno specchio, inserisce nell’opera anche l’immagine di chi la osserva e il suo sfondo ambientale.
Insomma, nel dipinto c’è, con un semplice frammento di specchio, la pittura, la realtà materiale, il riflesso infinitamente cangiante della vita.

 

Marcel Duchamp, Porte: rue Larrey, 1927.

Un’unica anta, incernierata esattamente nell’angolo di due pareti, permette di chiudere o l’una o l’altra delle due porte adiacenti, che vi sono inserite. Ma non si tratta soltanto di un espediente tecnico: Duchamp ne fa una macchina simbolica, piena di significati imprevisti. La Porte appare infatti contemporaneamente aperta e chiusa, a seconda di come la si voglia percepire.
Il significato metaforico che ne ricaviamo è il seguente: la realtà non è sempre “binaria”, vale a dire o vera o falsa, essa può essere “sfumata”, contemporaneamente l’una e l’altra. L’arte e la realtà appartengono ad una logica fuzzy, cioè sfumata, grazie all’arte!