Hans
Hollein, Gli ambasciatori Jean de Dinteville e Georges de Selve,
tempera su tavola, 1533, Londra, National Gallery.
Esponente
della pittura manieristica del Cinquecento, Hollein ricerca la verità
in pittura: ma la rappresentazione della realtà si accompagna anche
alla testimonianza della sua illusorietà. In questo celebre doppia
ritratto, Holbein fa comparire, nella parte inferiore del dipinto –
realizzato seconde le regole della prospettiva rinascimentale, una strana
forma, a prima vista indecifrabile. Si tratta di un teschio, rappresentato
mediante una prospettiva di tipo anamorfotico. Due prospettive diverse
si coniugano insieme per dimostrare che la visione della realtà
dipende dai punti di vista …
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Albrecht
Dürer, Leprotto, acquerello e guazzo, Vienna, Abertina.
Opera straordinaria non solo per la squisitezza della soluzione formale,
ma anche per ciò che essa fa intendere. Il leprotto è
ritratto all’interno dello studio! È un animale selvatico,
eppure è prigioniero, ridotto in posa, obbligato ad una difficile
fissità. Quale contraddizione.
Ma ciò che ci colpisce di più è un riflesso rivelatore:
la pupilla è illuminata dalla luce di una finestra.
Il mondo naturale si unisce a quello artificiale dell’atelier
mediante la luce: la realtà si fa continua e l’esercizio
concettuale della pittura mette in forma la segreta corrispondenza tra
esterno ed interno, tra natura e tecnica. Tra relatività dell’organismo
e la vitalità eterna dell’opera d’arte.
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La
realtà, dunque, può essere rappresentata, ma non riprodotta.
Questo il significato di queste due opere esemplari, che, pur appartenendo
al Cinquecento, già introducono motivi di riflessione concettuale,
che saranno tipici dell’arte moderna.
Il reale è un fantasma, che appare nei particolari segreti della
pittura.
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