Gino de Dominicis,
Il tempo, lo sbaglio, lo spazio, in “Contemporanea”,
Roma, 1973-74 (foto Claudio Abate).
In una famosa mostra romana, realizzata in
un sotterraneo (!), curata da Achille Bonito Oliva per le arti figurative,
da Bertetto per il cinema, da Mendini per il design e da altri–
l’artista Gino de Dominicis presenta una serie di opere particolarmente
provocatorie, tra cui quella che vediamo qui raffigurata: uno scheletro
umano, con dei pattini ai piedi, ed accanto, ancora legato al guinzaglio,
quello di un cane.
Fermati per sempre da una cataclisma distruttivo, i due corpi, ridotti
alla loro “vera essenza”, metaforizzano uno dei concetti più
rappresentativi dell’arte di GdD, il cosiddetto principio di immortalità. |
Gino de Dominicis,
senza titolo, 1990; foto elf.
Molti anni dopo, l’artista presenterà, nella sede veneziana
della Biennale, tra le altre, anche quest’opera singolare: una
gigantesco teschio dal naso lungo. Anche la morte mente, come Pinocchio,
e possiede una maschera. Anche la morte è mortale!
Insomma, la vera sfida dell’arte è quella della sua tendenza
immortale, che si scontra con la relatività della vita dell’artista:
per questa ragione, ogni artista costruisce, come prima opera tesa a
sconfiggere la morte, la mitologia della sua stessa biografia.
Nel caso specifico, noi stiamo compiendo un atto davvero sacrilego,
in quanto GdC ha prescritto nel suo testamento che, dopo la sua morte,
non avrebbero più potuto circolare riproduzioni delle sue opere.
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Maurizio Cattelan, Pluto, 1998. 3
Quest’opera di Maurizio Cattelan porta un titolo ludico: Pluto.
Il mitico cane disneyano viene messo a nudo. Fedele servitore del padrone,
stringe tra i denti il giornale; l’atto di obbedienza è
totale ed eterno. Il riferimento all’opera di de Dominicis è
consapevole ed immediata è la nostra risposta emotiva.
L’artista cita l’opera di un altro, ma, anche in questo
caso, vi aggiunge qualcosa: questo elemento in più è ciò
che basta per rendere l’opera doppiamente significativa e provocatoria.
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