Marc Quinn, Self, sangue, macchina refrigerante, 1991, part.

Ma questa è una scultura? Può essere una scultura il proprio “calco in sangue”? Con il calco eseguito con il proprio sangue e quindi congelato, Marc Quinn realizza l’unica opera la cui sostanza coincide con l’autore e la cui forma coincide perfettamente con il suo contenuto.
Il significato dell’opera è ulteriormente complicato dalla constatazione che questo sangue rimane … in forma finché la macchina refrigerante funziona, capovolgendo il rapporto energetico che si stabilisce in vita tra il sangue e il calore del suo corpo.
Autoritratto, dunque, legato alla macchina e alla vita. L’energia elettrica, che tiene in vita il busto dell’artista, provoca uno choc quasi mortale nello spettatore: l’immedesimazione nella verità del sangue produce una scossa salvifica. Noi siamo questa carne, che l’artista ha esposto per noi.

Marc Quinn, Self, sangue, macchina refrigerante, 1991.
Marc Quinn, No Visibile Means of Escape, 1996.

In quest’altra opera, Quinn appende ad un gancio la propria pelle! Il titolo dice tutto: non c’è modo di scamparla.
L’arte cede di fronte all’estetica dell’orrore. Un plastico e non una plastica, una bomba e non un’arte, sta cominciando a rimodellare il mondo, dimostrando come l’utopia rivoluzionaria delle avanguardie sia irreversibilmente condannata ormai ad un puro esercizio stilistico.
Le città, cristalli di quarzo, perfette trasparenze del male, si blindano, innalzando scultoree cortine di difesa e implodendo la forza deflagratrice dell’esplosione “bladerunneriana” della civiltà in una sempre più diffusa e planetaria anestesia del corpo sociale associata alla voluta indifferenza per la tragedia umana di questo tempo guerresco e sanguinario.